L'insalata è un grande cult di chi fa sport e non solo. Sicuramente è un alimento importante ma quando è sana? Iniziamo a vedere cosa accade con le insalate in busta, tanto comode quanto veloci da consumare quando si è di fretta. Una nota rivista del settore ha testato ben 12 insalate tra le più famose e consumate del mercato.
ECCO I RISULTATI:
1) PRO - Buon grado di sicurezza su salmonella, listeria ed escherichia coli
2) CONTRO - Non tranquillizzano del punto di vista igienico né sui pesticidi (fino a 8 in un unico prodotto).
Il comparto, insalata in busta, in Italia vale un miliardo di euro e vende circa 800 milioni di confezioni l’anno. Le insalate in busta restano saldamente in cima alla lista, nonostante il costo sia molto più alto rispetto al prodotto sfuso: parliamo di una media di 10-12 euro al kg contro i 2-2,50 dei cespi interi. Tra le tipologie più acquistate, oltre ai mix, c’è la valeriana (anche detta songino) che è stata portata in laboratorio per valutarne lo stato igienico e microbiologico, la contaminazione da pesticidi e da nitrati. La scelta è caduta su 12 prodotti, 10 convenzionali e due biologici, che ben rappresentano l’offerta di mercato.
Tutti i prodotti testati sono rientrati nei limiti di legge con un buon livello di sicurezza.
La carica totale (ossia il numero di batteri complessivi) e i coliformi (quelli legati alla terra) sono tutt’altro che bassi e superano i valori guida di diversi bandi comunali per la qualità degli alimenti destinati alle mense pubbliche. In molti casi, queste insalate sarebbero considerate non accettabili. Se per la conta totale, i numeri registrati sono probabilmente legati a uno shock termico (catena del freddo non rispettata), per i coliformi si tratta di processi di sanificazione non adeguati. Non c’è un rischio immediato per i consumatori, ma gli esperti consigliano un lavaggio domestico. Poco rassicurante anche il quadro tratteggiato dall’analisi multiresiduale: nessun campione è risultato completamente pulito dai pesticidi. Neanche i due prodotti biologici.
Le 12 insalate sono state sottoposte a un’analisi multiresiduale dei pesticidi, e hanno dovuto superare uno screening microbiologico.
Pesticidi Ii pesticidi pesano per il 50% della valutazione finale e sono stati considerati fattori come il profilo di rischio (penalizzando i sospetti interferenti endocrini, come il fenhexamid, e i sospetti cancerogeni, come il fludioxonil e il fluopyram), la concentrazione rinvenuta rispetto al limite di legge ammesso e la presenza contemporanea di più molecole, un indicatore del cosiddetto effetto cocktail che continua a rappresentare un timore per la salute del consumatore. Nessun campione è risultato completamente "libero" da residui: si va da un’unica traccia (sotto cioè lo 0,01 mg/kg) di spinosad (molecola ammessa nel bio), alla presenza di 8 molecole diverse in un unico prodotto. Un prodotto è stato penalizzato per la concentrazione di un residuo di pesticida molto più alta rispetto alla media rilevata negli altri prodotti.
Nitrati Queste sostanze azotate, naturalmente presenti nelle insalate (ma la cui quantità può dipendere dai fertilizzanti) all’interno del nostro organismo possono trasformarsi in nitrosammine, ritenute cancerogene. Dunque meno ce ne sono meglio è. Nel test sono presenti ma sempre al di sotto della dose massima (5.000 mg/kg) prevista dal regolamento Ue 1258/2011, che differenzia i limiti in base alla stagione e al tipo di coltura (in campo o protetta). Solo un prodotto si avvicina a questo tetto con una valore di 4.566 mg/kg. Mentre, al lato opposto, in un prodotto hanno contato solo 383 mg/kg di nitrati, una quantità decisamente inferiore alla media.
Igiene La notizia positiva è che sono risultati sempre assenti i batteri più pericolosi come listeria, salmonella, stafilococchi ed escherichia coli. Le insalate analizzate quindi sono assolutamente sicure. Il totale dei microrganismi: i valori più elevati sono stati riscontrati in due prodotti che registrano rispettivamente 500 milioni e 440 milioni di microrganismi. All’opposto, in due buste di insalata la presenza dei microrganismi si ferma a 18 milioni e 35 milioni. Per i coliformi, invece, sono stati trovati valori molto bassi in due prodotti (rispettivamente 64 e 120 mg/kg), e all’opposto molto alti in altre due insalate (rispettivamente 5.600 e 5.320 mg/kg). Per questi organismi non ci sono limiti di legge, ma in alcuni casi vengono indicati dei valori guida. Per i microrganismi (aerobi mesofili) è previsto un range compreso tra 5 e 50 milioni di unità e per i coliformi tra 1.000 e 10.000. Con questi paletti sarebbero accettabili solo due insalate. Gli esperti, di fronte a questi dati, consigliano ai più vulnerabili un ulteriore lavaggio casalingo.
In sostanza:
1) DA UN PUNTO DI VISTA ECONOMICO: Sono molto care, se potete privilegiate un fornitore che sapete essere realmente rispettoso del biologico, magari un bravo commerciante sotto casa che si impegna a fornirvi dei prodotti validi con continuità ed un buon prezzo. Lavate bene e in modo adeguato le vostre insalate che saranno sempre fresche. Fatelo a prescindere anche su quelle in busta, una sicurezza in più.
2) EVITARE SBALZI TERMICI: In particolare nei periodi caldi. Portate una borsa frigo con voi con dei ghiaccioli dentro.
3) OCCHIO AI PESTICIDI: Oggi i pesticidi sono largamente utilizzati. Molto dipende anche da quanti ne assumete e le quantità contenute in un prodotto. Nel dubbio riducete al massimo i prodotti che li contengono premiando chi lavora con un BIO reale.
Fonte con i dati di dettaglio: "il Salvagente", leader dei test in laboratorio contro le truffe ai consumatori.